Bibbie per bambini

Secondo strumento per la narrazione: il testo.

Il secondo strumento funzionale alla narrazione è il testo. Parlando di narrazione biblica rivolgiamo la nostra attenzione esclusivamente alle riduzioni della Bibbia per i bambini e i ragazzi. Scegliere un testo rispetto ad un altro vuol dire operare una selezione seguendo alcune linee guida.

 

I testi che si trovano in commercio si possono suddividere almeno secondo cinque criteri:

 

a. intenzioni dell'autore

 

b. punto di vista del narratore

 

c. età a cui è rivolto il testo

 

d. tempo della narrazione

 

e. fede o confessione dell'autore

 

Le intenzioni dell'autore

 

Il narratore può avere davanti a se l'obiettivo di fare catechesi, ovvero un percorso di iniziazione cristiana. In questo caso la lettura che fa degli episodi biblici sarà rivolta all'interpretazione del testo del primo Testamento come una profezia della nascita, vita e morte di Gesù Cristo. Oppure possiamo trovare una forte impostazione morale. All'episodio biblico segue una nota etica che mette in relazione il racconto con l'insegnamento che ne possiamo trarre. In certi casi l'insegnamento è mescolato al racconto. Altre volte il narratore è attento solo a raccontare una bella storia, utilizzando un linguaggio efficace e coinvolgente. L'intenzione dell'autore è la prima cosa a cui dobbiamo porre attenzione nella scelta di un testo di narrazione biblica: un intenzione moralistica può risultare pesante e noiosa per un uditorio contemporaneo, una narrazione affascinante e coinvolgente potrebbe nascondere una povertà di contenuti. Ancora, l'autore potrebbe essere colto dalla volontà di fare un “riassunto completo” della Bibbia, giungendo ad una scrittura didascalica: “Zamri si proclamò allora re d'Israele. L'esercito, in quei giorni, assediava la città filistea di Gebbeton. Da qui mosse Amri, capo dell'esercito di Israele, per battersi contro Zamri, che si ritirò nella reggia di Tersa. Vistosi perduto vi appiccò il fuoco e si lasciò divorare dalle fiamme: aveva regnato solo sette giorni. In Israele allora due rivali si contesero il trono: Amri e Tebni. La guerra fratricida durò quattro anni ma alla fine, morto Tebni, il popolo elesse re Omri, che regnò 12 anni” (A. Monge e G. Ziella, La più grande storia mai raccontata, San Paolo, 1986). Si nota qui la volontà di non tralasciare nessun particolare, scrivendo persino i giorni, mesi e anni di regno di ogni singolo re. D'altro canto è appena accennata la ben più importante questione della lotta per il potere all'epoca dei re. E raccontandola così come scritta, i bambini più attenti ti chiederanno almeno che fine ha fatto Amri... È possibile ancora trovare testi in cui sia chiara la fede del narratore e che essi celino anche una volontà apologetica nei confronti della propria fede. Vediamo due esempi: “Quei giudei che erano tornati dall'esilio babilonese trovarono nella loro patria samaritani, idumei, moabiti, ammoniti e arabi che si erano stabiliti lì nel corso degli anni. Il paese era in stato di abbandono, e Gerusalemme era un campo di macerie. Ma i giudei non si lasciarono impressionare. Si installarono come meglio poterono tra le rovine di Gerusalemme e nelle città circostanti.” (A. Stutschinsky, La Bibbia raccontata ai bambini, Edizioni Messaggero, Padova, 1997) È qui più evidente che nel testo biblico il riferimento alla Palestina di oggi.

 

“Passarono gli anni e le forze vennero meno al vecchio patriarca: si avvicinava l'ora della morte. Ma se, sotto le folte sopracciglia, i suoi occhi accennavano a spegnersi per sempre, la sua mente era ancora lucida e perfetta: sdraiato sul duro giaciglio, Noè vide col pensiero un'Arca gigantesca navigare all'orizzonte nel mare in tempesta... Era la futura Chiesa, nel cui seno gli uomini avrebbero trovato salvezza. Con questa profetica visione nel cuore, Noè mori in età assai avanzata.” (A. Monge e G. Ziella, op. cit) La profetica visione dovette sicuramente essere nel cuore di Noè, giacché nella Bibbia non se ne parla...

 

Il punto di vista del narratore

 

L'autore può scegliere di narrare gli episodi biblici in terza persona, come un narratore esterno. È lo stile di gran parte della Bibbia originale, in cui si narrano gli eventi con lo sguardo del “cronista partecipe”, ovvero di colui che, pur fortemente compreso nello sviluppo degli eventi, li narra però come se quegli eventi non lo toccassero direttamente. Altri scrittori hanno scelto la narrazione in prima persona: chi racconta è direttamente il protagonista oppure un comprimario che narra però sempre da un determinato punto di vista. È lo stile narrativo dei profeti.

 

“Mi fu rivolta la parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane, ma va' da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti» Oracolo del Signore. (Ger 1,4-8)

 

“Il cinque del quarto mese dell'anno trentesimo, mentre mi trovavo fra i deportati sulle rive del canale Chebàr, i cieli si aprirono ed ebbi visioni divine. Il cinque del mese - era l'anno quinto della deportazione del re Ioiachìn -la parola del Signore fu rivolta al sacerdote Ezechiele figlio di Buzì, nel paese dei Caldei, lungo il canale Chebàr. Qui fu sopra di lui la mano del Signore. Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l'aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d'un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d'uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l'una all'altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé.” (Ez 1,1-9)

 

È evidente la forte partecipazione emotiva del narratore, che vede e racconta in diretta ciò che accade a lui e intorno a lui. Dovendo utilizzare il testo in classe bisogna fare i conti con la necessità di una immedesimazione con il personaggio che narra, utilizzando magari anche un costume o degli oggetti che richiamino la sua epoca e le sue caratteristiche. Personalmente preferisco utilizzare un racconto strutturato in terza persona, perché da la possibilità di dare voce a più personaggi e di far cogliere agli ascoltatori punti di vista diversi sulla vicenda.

L'età dell'ascoltatore

Il linguaggio del racconto si modifica radicalmente con il crescere dell'età dell'ascoltatore. Le stesse parole, le stesse strutture delle frasi, perfettamente intellegibili ad un ragazzino di V elementare, diventano quasi misteriose per uno di I. Ecco che l'attenzione al linguaggio deve farci riflettere su quale sia il testo più adatto in base all'età dei nostri alunni. Partendo dalle filastrocche, che aiutano i più piccoli a memorizzare, fino all'uso delle versioni più complesse per cominciare a far gustare anche la bellezza della complessità del testo.

Tempo della narrazione

La Bibbia è scritta per la maggior al passato remoto. “In principio Dio creò il cielo e la terra.” (Gn, 1,1) È il tempo classico della narrazione, utilizzato anche nelle fiabe. Poi si usa il discorso diretto al presente: “Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi” (Gn, 3,22) Infine il terzo tempo più utilizzato è l'imperfetto, quando si vuole indicare una cosa che dura, che ha uno svolgimento non istantaneo: “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche” (Gn 3,1). Molta importanza hanno naturalmente l'imperativo e le forme esortative.

Ma non tutte le versioni della Bibbia utilizzano gli stessi tempi. Ne troviamo alcune, come “Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi”, che utilizza il tempo presente. Eccone un esempio: “Samuele, vestito con una piccola tunica di lino bianco, come un sacerdote, è molto contento di servire nel santuario. Ogni anno, poi, quando sua madre viene con suo padre per offrire a Silo il sacrificio di fine estate, gli porta una tunica nuova più grande.” È evidente qui la volontà di far apparire il testo biblico come un testo che parla dell'oggi, che coinvolge l'esistenza stessa di chi annuncia e di chi ascolta. Come dire che la Bibbia non ci parla (solo) del passato, ma soprattutto del presente.

La fede o confessione dell'autore

Ci sono riduzioni della Bibbia di fonte cattolica, evangelica ed ebraica. Ho trovato anche versioni realizzate dai Testimoni di Geova e probabilmente ce ne sono anche di ortodosse, ma quelle non le conosco. Quel che è certo è che ogni versione deve essere vagliata con attenzione perché l'intenzione dell'autore, di cui abbiamo già accennato, può talora lasciar trasparire anche questioni squisitamente confessionali, che spesso sovraccaricano il testo di tensioni ed elementi dottrinali che mal si adattano all'uso che ne possono fare i genitori.

Estratto dal lavoro di tesi di Luciano Gottardi sulla narrazione biblica. 

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